Léa ha quarantanove anni, Fred, detto Chéri, ne ha venticinque. Arguta e saggia lei, viziato e capriccioso lui. Un anno, durante una vacanza in Normandia, si intreccia tra i due una relazione amorosa fatta di risposte piccate, scaramucce, e soprattutto la certezza che la loro storia è un gioco, un albero senza radici, una torta gustosa ma senza la candelina. La differenza d’età è uno scoglio così grosso che nessuno di loro ha mai pensato di poterlo – di doverlo – superare. Fuori dalla stanza odorosa di Léa, uno stuolo di ammiratrici si sdilinquisce per Chéri, lo scapolo d’oro. Nel limbo, divertente e chiacchierato, Léa e Chéri amoreggiano, si vogliono bene, si innamorano, anche se non lo sanno. Fino al giorno – dopo sette anni di avventura – che a casa di Madame Peloux viene annunciato il matrimonio tra Chéri e la bella e ricca Edmée.
Léa ha un sussulto ma lo nasconde dietro le sue solite risposte secche, la sua saccenteria. E si giustifica, si consola: in fondo l’ha sempre saputo che Chéri sarebbe volato via, prima o poi. D’altronde, certe convenzioni sociali non si trascurano, specie quando c’è di mezzo un nome da difendere. Ma il contegno – precario – fa acqua da tutte le parti. Spuntano le lacrime, cresce un senso di vuoto a cui Léa non riesce a cedere, ad arrendersi: non ha mai avuto un uomo fisso e non sarà per Chéri che la sua tempra si allenterà. Allora parte. Scrive alla madre di Chéri – amica e nemica – una lettera equivoca: dice che scappa al mare, che va via con un uomo e di non cercarla. Sparisce per mesi, il tempo necessario a placare il dispiacere, ad assestare l’umore così avvezzo alle pretese del ragazzo con i ricci dai riflessi blu. Solo il corpo, ancora scosso dal piacere, stenta ad abituarsi.
Chéri, dal canto suo, non sta meglio. Nonostante la freschezza e la bellezza di sua moglie, scalpita, si sente ferito. Così quando dopo mesi di lontananza e di silenzio Chéri viene a sapere del ritorno in città di Léa, non esita a precipitarsi da lei.
Di nuovo occhi negli occhi, e le mani tremano per il tocco come foglie stormite dal vento. Léa – in un abbraccio – confessa il suo amore per quel ragazzo che, sebbene innamorato, si sorprende dei segni inattesi che il tempo inizia a lasciare sulla pelle dell’amata. Léa, acuta, comprende. Avvinta da un amore impossibile, scaccia Chéri, invitandolo a non tornare mai più, a stare con la moglie, a dimenticare.
In “Chéri” (Adelphi) Colette, scrittrice, saggista e pubblicitaria francese, che ha fatto parlare di sé tutta la Francia tra Ottocento e i primi anni del Novecento, si conferma talentuosa. Sempre ironica, ribelle e avanguardista come nella serie di “Claudine”, l’autrice imbastisce dialoghi fulminei e indovinati, a cui aggiunge la poesia delle descrizioni dei luoghi, dei visi e dei gesti. Quella che si dice la poetica della prosa in un classico della letteratura internazionale.